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La storia da insegnare

2a. Storia e storia scolastica

La riflessione sui problemi dell'insegnamento della storia richiede che si distingua all'interno dell'unico campo storiografico tra storia esperta e storia scolastica.

Il primo concetto implica il processo di costruzione della conoscenza e include e fa riferimento soprattutto ai prodotti che hanno una circolazione tra professionisti e persone colte, e comprende una molteplicità di conoscenze enormemente superiori in quantità e qualità a quelle della storia scolastica.

Il secondo indica la realizzazione di conoscenze e di un sistema di conoscenze - la cosiddetta "storia generale" - che viene, in genere, considerato esterno e introduttivo alla storia professionale.

La storia scolastica deriva per trasposizione dalla storia dei professionisti ma se ne differenzia per i criteri didattici, cognitivi e formativi che ispirano la trasposizione. Essa si differenzia dalla sua matrice anche perché è destinata a lettori i cui interessi e le cui competenze sono in via di formazione.

2b. E' necessario l'apprendimento della storia scolastica?

Occorre reinventare le ragioni dell'insegnamento e dell'apprendimento della storia scolastica; perciò occorre partire dall'idea che l'apprendimento della storia non sia necessario alla formazione di una personalità.

Fino al secolo XIX per tutti i popoli la riproduzione culturale è avvenuta senza la risorsa costituita dall'apprendimento della storia scolastica. Dopo che la storia è stata introdotta come materia nei curricoli scolastici essa ha interessato ed ha potuto influenzare le minoranze frequentanti le scuole secondarie e le Università, cioè i membri dei ceti dirigenti. La maggioranza dei cittadini seguitava a formarsi la sua immagine e la sua intelligenza del mondo senza l'apporto né della storia scolastica né di quella esperta.

Ancora attualmente la maggior parte dei giovani non apprende la storia scolastica o non l'apprende in modo adeguato.

La comprensione del mondo attuale potrebbe avvenire grazie alle risorse conoscitive e intellettuali messe a disposizione dalle scienze sociali - quali la geografia, la sociologia, l'antropologia, - e dall'economia.

L'insegnamento deve ancora dimostrare l'utilità della storia per le masse degli studenti.

2c. E' utile l'apprendimento della storia scolastica?

L'apprendimento della storia scolastica può dare utili e formidabili contributi alla formazione della personalità cognitiva e affettiva degli studenti e delle studentesse.

L'utilità deriva direttamente dalla specificità della conoscenza storica. Perciò, per potere individuare le sue potenzialità formative, è indispensabile l'analisi della struttura della conoscenza storica.

Ma la storia scolastica non è utile per il solo fatto di essere appresa. L'utilità è in funzione di tre fattori: la struttura della storia scolastica, la mediazione didattica, i processi di apprendimento.

I tre fattori si influenzano reciprocamente: l'efficacia della struttura agevola la mediazione didattica e motiva e facilita l'apprendimento, l'efficace mediazione didattica potenzia la qualità della struttura e cura il processo d'apprendimento, il processo d'apprendimento ben curato dà significato alla struttura della conoscenza storica e agli atti della mediazione.

2d. La cultura storica

Nel senso comune una persona è considerata colta da un punto di vista storico quando possiede un repertorio di informazioni comunemente ritenuto indispensabile alla collettività colta per comunicare sulla base di riferimenti condivisi: fatti, ma anche e soprattutto giudizi, concetti, valutazioni. Si tratta, insomma, di quel complesso di conoscenze che viene comunemente chiamato "sapere la storia".

La cultura storica è altro. E' la padronanza di conoscenze, più la consapevolezza di come esse sono prodotte, più la capacità di usare gli operatori cognitivi, più la capacità di uso delle conoscenze per mettere in prospettiva il presente, più la capacità di usarle per argomentare propri punti di vista.

2e. Dalla storia alle storie

"Questa concezione lega strettamente il rinnovamento metodologico-didattico a quello dei contenuti e degli approcci storiografici. Considera, per esempio, superata la mono-linearità del tempo storico (non riducibile al tempo cronologico) e definisce i tempi della storia, da considerare al plurale, in relazione agli spazi e ai problemi storiografici di volta in volta esaminati.

Allo stesso modo, essa tiene conto della dilatazione degli oggetti della storia, riducibili non più solo ai fatti politico-istituzionali, ma all'insieme degli aspetti che influenzano le società umane, nelle loro permanenze e nei loro mutamenti nel tempo.

Essa tiene conto, altresì, della dilatazione degli spazi della storia, che non può più essere solo o prevalentemente storia nazionale o europea, ma deve spaziare dalla scala locale a quella planetaria.

Da ciò discende una nuova visione della storia-materia che da disciplina al singolare si deve ora declinare al plurale. All'egemonia della storia generale va quindi sostituito un insegnamento/apprendimento delle storie, da quelle generali alle microstorie, all'analisi della memoria individuale e collettiva, alla ricerca storico-didattica. Ciascuna storia, infatti, è in grado di fornire specifiche occasioni per la costruzione di conoscenze (su scale diverse) e di competenze in ordine agli strumenti dell'indagine storiografica. [...]

Si viene, così, configurando un campo disciplinare inteso come insieme di percorsi anche modulari, basati su una varietà di settori di indagine, spazi, tempi, soggetti, generi e problemi storici. Nella costruzione di questi percorsi, l'insegnante seleziona i contenuti sia sulla base delle rilevanze storiografiche indicate dalla ricerca scientifica, sia sulla base della loro utilità didattica, ovvero sulla possibilità di utilizzare tali contenuti come occasione per attivare e/o rafforzare le capacità disciplinari e trasversali degli studenti."

(da un documento redatto da docenti dell'Università di Bologna e da rappresentanti dell'Irrsae, del Landis, degli Istituti storici della Resistenza, del Mce, del Cidi, dell'Istituto Gramsci di Bologna)

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