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Bollettino n. 29 - Marzo 2010
Periodico dell'Associazione Clio '92
Marzo 2010 - Anno XI, n. 29
QUESTO NUMERO
MEMORIA E STORIA, MEMORIA O STORIA
Memoria e storia, memoria o storia, di tutto questo ci occupiamo in questo ventinovesimo numero de “Il Bollettino di Clio”.
La questione della memoria non riguarda ciò che è materialmente avvenuto ma le forme e i modi con cui noi costruiamo la storia di ciò che è successo? E quali saranno, per dire, le forme della memoria della Shoah quando non ci saranno più testimoni? Questa e altre sono le domande cruciali che vengono affrontate da D. Bidussa nel libro commentato da E. Perillo.
Libro e commento che vanno letti incrociandoli con i contributi di Rosella De Bei e Silvia Ramelli che danno conto di un’interessantissima inchiesta sulle conoscenze e sugli atteggiamenti di fronte alla Shoah di bambini e ragazzi della scuola primaria e secondaria di I grado. Per scoprire, non solo ancora il grande impatto emotivo che provoca l’incontro col testimone ma soprattutto l’importanza cruciale della scuola nel produrre conoscenza e riflessione sulle leggi razziali, sull’antisemitismo, sul razzismo, sui genocidi, e non solo sulla Shoah.
Ma,subito dopo o subito prima, bisogna leggere il contributo con cui, in modo laico e senza pregiudizi, Alberto Cavaglion riflette sul decennale del Giorno della Memoria. Qualunque cosa si pensi, - dice Cavaglion - ora che esiste, il Giorno della Memoria va difeso, soprattutto da se stesso e da chi se ne serve per fini non sempre chiari. Le iniziative migliori si vedono nelle scuole, nelle circoscrizioni, nei teatri di quartiere: in talune realtà, spesso di provincia, si opera in faticosa solitudine, eppure si producono percorsi didattici di cui spesso non si ha nemmeno notizia. Il Giorno della Memoria può diventare l’occasione per discutere del razzismo di oggi, confrontandolo con quello di ieri, mettendo in evidenza quanto sia storiograficamente incomparabile un fenomeno come il processo d’integrazione degli ebrei italiani fra Otto e Novecento, che certo non ha avuto un lieto fine, con un problema “nuovissimo” come quello delle migrazioni contemporanee nell’età della globalizzazione.
Di grandissimo interesse, per allargare lo sguardo, è il saggio di Michele Bentini sui genocidi del XX secolo. Partendo dal libro di Bernard Bruneteau (cfr. la recensione dello stesso M. Bentini nel nostro sito) l’autore affronta la questione dell’unicità della Shoah, nel quadro di una concettualizzazione storica del “genocidio” e dei raffronti con gli altri massacri del Novecento.
La memoria pubblica, argomenta A. L. Tota nel libro segnalato da V. Guanci, è non solo un terreno di contesa tra diverse ipotesi ma, addirittura, un luogo di conflitto tra memorie affermate e memorie negate, generalmente ha alla base un trauma culturale non elaborato abbastanza. O meglio, non elaborato in quelle forme di riconciliazione che non umiliano le vittime e che sole permettono la costruzione di una memoria condivisa.
Un caso particolarmente attuale oggi, all’inizio dell’anno cento-cinquantenario dell’Unità d’Italia, è quello delle memorie negate dell’Europa, affrontate da M. Rampazi nello stesso libro. Si allude alle “rimozioni e forzature che hanno caratterizzato la costruzione delle memorie poste a fondamento delle identità nazionali in Europa, sia nella fase sette-ottocentesca di fondazione degli stati-nazione, sia in quella successiva” del loro consolidamento e oggi tornate a vivere nel quadro della costruzione di una cittadinanza sopranazionale e di una identità plurima europea.
Non manca una densa riflessione sull’intreccio tra storia, memoria e formazione storica, e quindi didattica della storia. Ivo Mattozzi dimostra che la memoria può essere messa al servizio della formazione storica e che quest’ultima può rendere più abili a gestire la memoria-archivio per produrre ricostruzioni più metodiche e più intelligenti del passato esperito personalmente.
Ma ciò a patto che la memoria storica e la memoria collettiva siano sostenute da un insegnamento che si prenda cura della memorizzazione delle conoscenze storiche rendendole più significative e più agevoli da comprendere e da apprendere e da organizzare nella memoria.
Nelle “Spigolature” presentiamo un testo inedito di Antoine Prost, nella traduzione di E. Perillo e S. Rabuiti, che dà piacere alla lettura. I temi affrontati sono tanti: la memoria, la storia, la scuola, i giovani, gli storici, gli studenti di storia, l’Università. Ma al fondo le cose più emozionanti nascono dalle domande:
“la storia è un mestiere così pregnante da non consentire di porre la questione della sua impronta sullo storico? Come il fatto di consacrarsi alla storia finisce per formare, modellare lo sguardo, il modo di essere, la personalità dello storico? Come la storia costruisce lo storico?”
E tutto si coagula nella risposta finale:
la storia mi permette di comprendere ogni ordine di problemi nei quali vivo, perché vivere è sempre vivere dei problemi: la storia, che non ci mostra mai uomini o società senza problemi, ce lo insegna. È ciò che si afferma a volte dicendo: “Le persone felici non hanno storia.” La storia permette di comprendere i problemi come il gioco incrociato di vincoli che ci sovrastano e di responsabilità, di scelte che ci spettano. Essa ci evita di essere sommersi dal vissuto della contemporaneità, poiché comprendendolo, lo spieghiamo e, in un certo qual senso, ne restiamo padroni.”
La contro copertina di questo “Bollettino” è dedicata al difficile rapporto con la storia del giovane Holden, e, forse, del suo autore, che ricordiamo con la gratitudine di un’intera generazione.
Buona lettura!