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E' cresciuta in questi anni, la consapevolezza degli scambi e degli influssi che collegano tra loro persone, popoli, merci, significati sempre più distanti nello spazio, fino a parlare di ecumene globale. Le tecnologie mediatiche e di trasporto permettono scambi e relazioniconuna facilità sconosciuta prima, anche se con modalità diseguali. E' un processo che sta cancellando i tradizionali confini e modificando l'idea di vicino e lontano. Il locale, se mai lo è stato, non può più essere pensato come spazio definito e autonomo, relazione organica tra un territorio e la sua gente, ma va indagato come incrocio mutevole di influssi e condizionamenti che provengono anche da molto distante e di persone con storie e culture diverse. Questa prospettiva permette di evitare la chiusura nel localismo, mantenendo ciò che del locale è prezioso: la possibilità di farne esperienza diretta con tutti i sensi, di avere rapporti faccia a faccia con le persone che lo abitano, di osservare la quotidianità del vivere, di osservare il territorio che è lo scenario e l’oggetto dello svolgimento delle storie locali. Le storie che si scoprono in quest’ottica a livello del suolo, ma con uno sguardo attento a ciò che sta oltre, possono essere insieme minute e complesse, aprire nuove curiosità anche verso il passato più antico, perché la mobilità di persone, cose e idee si mostra oggi con una velocità e un’interazione impensabile fino a 50 anni fa, ma è una costante del consorzio umano.
1.1 Contro l’uso ideologico delle storie locali
L'ecumene globale in cui stiamo vivendo spinge a omologare il tempo e lo spazio e a contrapporre uno spazio simbolico e mediatico senza confini a uno spazio vissuto impoverito e confinato, creando negli individui senso di insicurezza e bisogno di appaesamento.
Da questi sentimenti hanno avuto modo di emergere anche proposte politiche che hanno fatto un uso del passato regionale e locale che tende a mitizzare e enfatizzare le “piccole patrie", a costruire identità chiuse in se stesse, a produrre contrapposizioni ed esclusioni, a mistificare le vicende storiche per idealizzare il passato.
Il Consiglio d’Europa, nelle raccomandazioni emanate nel 2001 sull’insegnamento della storia in Europa nel XXI secolo, fa propria la preoccupazione per quest'uso ideologico della storia e segnala alcuni dei meccanismi che vengono utilizzati: la falsificazione dei fatti storici, la fissazione su un avvenimento per giustificare o nasconderne un altro, la deformazione del passato ai fini di propaganda, una versione del passato suscettibile di creare dicotomia tra “noi” e “loro”, la distorsione delle fonti storiche, la negazione o l’omissione dei fatti storici.
Contro l’uso a fini ideologici va ribadito che la funzione primaria dell’insegnamento delle storie locali è quella conoscitiva e cognitiva: è la conoscenza critica di aspetti delle storie locali che arricchisce le personalità e le rende competenti ad usarla in modo produttivo.
Proprio l’insegnamento della storia e dei suoi metodi di ricerca, in quanto sapere critico, può fornire, quindi, strumenti per comprendere, discutere, criticare le diverse rappresentazioni del passato, anche locale, e gli usi che di esse vengono fatti.
2. LA CONOSCENZA DELLE STORIE LOCALI E LA FORMAZIONE STORICA
La scala locale, lungi dall'essere limitata all'indagine del luogo in cui si vive, è invece una modalità di ricerca e ricostruzione che appartiene al sapere storico, basti pensare all'importanza delle microstorie e delle ricerche su scala locale nell’elaborazione storiografica contemporanea; l'insegnamento delle storie locali è quindi parte integrante del processo di formazione della cultura storica dei giovani per il suo valore conoscitivo, metodologico e formativo.